Diritti dei pazienti

Di norma, un trattamento medico è basato sul rapporto di fiducia tra il medico e gli altri professionisti coinvolti da un lato e il paziente dall’altro. Soprattutto se una cura non porta al risultato sperato, possono sorgere domande di natura giuridica. 

In questo capitolo, sono descritte le disposizioni giuridiche che reggono il rapporto tra medico e paziente. Vengono inoltre affrontati singoli aspetti relativi al diritto di consultare la propria cartella medica e al diritto all’autodeterminazione. Infine, vengono fornite informazioni sulla responsabilità civile medica. Considerata la vastità dell’argomento, non è tuttavia possibile trattare il diritto dei pazienti in modo esaustivo.


    Il rapporto medico-paziente

    Dal punto di vista giuridico, il rapporto medico-paziente è un mandato e soggiace pertanto alle relative disposizioni del Codice delle obbligazioni (CO). Questo tipo di contratto non viene siglato per iscritto, bensì oralmente tramite il cosiddetto comportamento concludente. Il contenuto del contratto nasce dal colloquio tra medico e paziente.

    Nell’ambito di un tale mandato, il medico si impegna, in base alle dichiarazioni del paziente, a visitarlo, a sottoporlo a trattamenti, a consegnargli farmaci e a prescrivere terapie secondo le regole dell’arte medica. Nel farlo, il medico non è libero: è tenuto a comunicare apertamente i risultati degli esami e a discuterli con il paziente, a esporre i possibili trattamenti e le eventuali alternative, e a coinvolgere il paziente nelle decisioni da prendere.

    Di norma, il paziente sceglie personalmente il medico. Ha dunque diritto a essere trattato personalmente da lui, a meno che non accetti che il trattamento sia delegato a terzi. Questo principio deriva dal particolare rapporto di fiducia proprio della relazione medico-paziente. Un rapporto di rappresentanza è tuttavia ammissibile in caso di assenza del medico per vacanze o in una situazione d’emergenza.

    Nell’ambito di tale contratto, il paziente non ha però solo diritti, ma anche doveri, che vanno oltre l’obbligo di pagare l’onorario del medico. Egli deve infatti contribuire al trattamento, fornendo al medico tutte le informazioni importanti per la diagnosi e la definizione della cura. Non può tacere nozioni fondamentali come malattie avute in passato e intolleranze a farmaci. Il paziente è anche tenuto a partecipare al trattamento definito dal medico, a seguirne le raccomandazioni e ad assumere i farmaci prescritti.

    Il rapporto ospedale-paziente

    I rapporti giuridici con gli ospedali sono disciplinati diversamente secondo lo statuto pubblico o privato dell’istituto.

    Chi è ricoverato in un ospedale privato conclude con quest’ultimo un contratto ospedaliero essenzialmente retto dalle disposizioni del CO sul mandato. In tal caso, il nosocomio si impegna a fornire, oltre al trattamento medico, anche le cure e l’assistenza necessarie, oltre a vitto e alloggio. L’ospedale è responsabile per l’adempimento accurato del mandato secondo le regole dell’arte medica.

    Un tipo particolare di ospedale privato sono gli ospedali aperti a medici indipendenti convenzionati (in tedesco Belegspitäler), nei quali medici «esterni» titolari di propri studi offrono trattamenti. In linea di principio, qui sussistono due contratti paralleli: quello con il medico convenzionato (in tedesco Belegarzt) e quello con l’ospedale privato. La delimitazione delle responsabilità è spesso complessa in questi nosocomi. Fanno stato i contratti stipulati tra l’ospedale privato e i medici indipendenti convenzionati.

    Con gli ospedali pubblici (ospedali cantonali, regionali, circondariali e cittadini), il rapporto giuridico tra nosocomio e paziente non è determinato da un contratto di diritto privato, bensì dalle disposizioni di diritto pubblico del rispettivo Cantone. I diritti dei pazienti a essere informati e il diritto all’autodeterminazione valgono però in linea di principio anche in questo rapporto. Tuttavia, perlomeno nei reparti comuni, non sussiste il diritto a essere curati da un medico di propria scelta. A livello di responsabilità, non fanno stato le disposizioni del diritto privato ma quelle del diritto pubblico.

    Diritto al trattamento

    Poiché il rapporto medico-paziente rappresenta un contratto di diritto privato, vige anche il principio della libertà di contrarre: nessun medico è obbligato ad accettare qualsiasi paziente. Il rifiuto a causa di sovraccarico di lavoro o mancanza di conoscenze specialistiche riferite a uno specifico problema di salute è pertanto ammesso. Un medico può anche rifiutare un paziente noto per non pagare le fatture e che, ad esempio, figura sulla «lista nera» cantonale di coloro che non pagano i premi della cassa malati.

    Un’eccezione al principio della libertà di contrarre è data in caso di emergenza: tutte le leggi sanitarie cantonali impongono ai professionisti della medicina di prestare soccorso in caso di emergenza. Di norma, il servizio d’urgenza è disciplinato dalle stesse organizzazioni professionali. Chi presta un simile servizio deve effettuare le cure del caso, eventualmente recarsi anche al domicilio e all’occorrenza organizzare il ricovero in ospedale. Non è tuttavia chiaramente definito che cosa è considerato un’emergenza. Nel caso concreto tocca quindi ai medici stabilire se vi sia urgenza o meno. Un’emergenza sussiste come sempre quando ci si deve attendere un pericoloso peggioramento dello stato di salute in assenza di cure mediche. 

    Una volta accettato il paziente, un medico è tenuto per contratto a prestargli le cure necessarie. In tal caso, sussiste dunque un obbligo di prestare cure

    In teoria, un medico può disdire in qualsiasi momento il suo mandato, ma con una limitazione: la disdetta non può avvenire «in tempo inopportuno». È avviso generale che un trattamento medico non dovrebbe venire interrotto senza motivazione e con leggerezza. Esso può tuttavia essere interrotto se viene a mancare il rapporto di fiducia o se il paziente non si attiene, nonostante ripetuti richiami, alle prescrizioni terapeutiche o rifiuta un trattamento raccomandato. In ogni caso, il medico deve concedere al paziente tempo a sufficienza per trovarsi un nuovo medico, in modo che rimanga garantito il trattamento necessario.

    Esempio

    è già la seconda volta che T. dimentica un appuntamento ed è palese che assume in modo molto irregolare i farmaci prescrittigli. A queste condizioni, il medico potrebbe disdire il suo mandato per mancanza di collaborazione. Dato che però negli ultimi tempi lo stato di salute di T. si è aggravato parecchio e a causa di altre complicanze è probabile un ricovero in ospedale, una disdetta a breve termine non sarebbe ammissibile.

    Obbligo di informare

    Affinché il paziente possa esercitare il suo diritto all’autodeterminazione, deve disporre delle informazioni necessarie per prendere una decisione. L’obbligo di informare rientra tra gli obblighi professionali generali di ogni medico, a prescindere dal fatto che lavori nel quadro di un mandato privato o come dipendente di un ospedale. L’informazione deve avvenire personalmente da parte del medico in forma orale e chiaramente comprensibile. Se un paziente padroneggia male la lingua, nel limite del possibile il medico deve organizzare la presenza di un interprete o invitare il paziente a farsi accompagnare da qualcuno che possa tradurre quanto detto.

    Su che cosa il paziente deve essere informato nel dettaglio?

    • Stato di salute e diagnosi: il medico deve informare il paziente sulla malattia di cui soffre, sulla gravità delle sue condizioni di salute, su possibili evoluzioni e rischi. In caso di incertezza, deve comunicargli anche eventuali sospetti, ma solo se sono verosimili.
    • Visite e trattamenti: il medico deve spiegare in modo chiaro e comprensibile le visite e i trattamenti previsti, nel limite del possibile con tempestività prima di un intervento. Deve indicare le possibilità di riuscita e i rischi – anche se giudicati relativamente bassi – di complicanze ed effetti collaterali.
    • Trattamenti alternativi: il medico deve spiegare quali sono le possibili conseguenze di una rinuncia al trattamento proposto e quali le possibili alternative, illustrandone, dal suo punto di vista, vantaggi e svantaggi.
    • Costi: se raccomanda un trattamento o un farmaco non riconosciuto dalla cassa malati o rimborsato solo dietro particolare domanda, il medico deve comunicarlo chiaramente al paziente.

    Esempio

    H. soffre dalla nascita di deformazioni dello scheletro. A causa della diversa lunghezza delle gambe, ha assunto posture sbagliate che negli ultimi anni le hanno causato notevoli disturbi alla schiena. Il medico raccomanda ad H. di procedere a una correzione della lunghezza delle gambe, la quale richiede però interventi ortopedici relativamente complessi. H. ha il diritto di sapere quali sono le possibilità che dopo l’intervento il mal di schiena diminuisca e i rischi a cui va incontro. Il medico dovrà informarla scrupolosamente e in modo oggettivo, e presentarle le alternative (p.es. la realizzazione di scarpe speciali), con relative possibilità di miglioramento e rischi. Egli deve anche ricordare ad H. che se desidera può chiedere l’opinione di un altro medico (secondo parere).

    Prima di interventi complessi, i pazienti sono spesso invitati a firmare un documento scritto in cui confermano di essere stati informati sul tipo di intervento e sui possibili rischi. Simili documenti dovrebbero essere firmati soltanto se si è stati effettivamente informati oralmente in misura sufficiente. 

    In passato si sosteneva talvolta che il medico potesse tacere la diagnosi corretta se c’era da temere che un’informazione veritiera avrebbe potuto complicare la guarigione. Oggi questa posizione è avversata: il medico deve fare lo sforzo di comunicare con il dovuto tatto la verità anche in situazioni «difficili» e attenuare le reazioni di paura e shock. Un paziente maggiorenne ha il diritto di conoscere il suo stato di salute.

    Diritto all’autodeterminazione dei pazienti

    Il diritto all’autodeterminazione del paziente è il diritto di poter decidere liberamente del proprio corpo ed è espressione del diritto fondamentale sancito nella Costituzione della libertà personale e del diritto della personalità ancorato nel diritto civile. Un’ingerenza nel diritto della personalità è ammissibile soltanto con il consenso del diretto interessato. O, in altre parole, un intervento senza il consenso è illecito e può dare adito a richieste di risarcimento danni. Questo vale sia per i medici e gli ospedali privati sia per gli ospedali pubblici.

    Per poter esercitare il diritto all’autodeterminazione, devono essere soddisfatte due condizioni: la persona deve essere stata informata a fondo per poter dare il suo consenso a un determinato provvedimento ed essere capace di discernimento, ossia in grado di comprendere la portata dell’intervento e, in base a questa consapevolezza, di prendere una decisione. Se queste due condizioni sono date, il diritto all’autodeterminazione vige senza limiti: il paziente può anche rifiutare un intervento considerato di importanza vitale dai medici.

    Esempio

    S. è stato sottoposto a un’operazione complessa. Dopo cinque giorni in ospedale, vuole tornare a casa. I medici pensano sia troppo presto, dato che sono possibili complicanze e secondo loro è necessario un monitoraggio continuo delle sue condizioni. S. è consapevole dei rischi che corre, ma vuole comunque tornare a casa. Se S. è capace di discernimento, l’ospedale dovrà rispettare il suo desiderio in ossequio al diritto all’autodeterminazione, ma gli chiederà – per ragioni di responsabilità civile – di firmare una dichiarazione in cui conferma di essere stato informato a fondo sui rischi di una dimissione precoce dall’ospedale.

    Può capitare che, dopo approfondite spiegazioni, un paziente dia il suo consenso a un intervento, durante il quale sopraggiungono però notevoli complicanze inattese. In un caso del genere, i medici possono estendere l’operazione senza chiedere nuovamente il consenso al paziente. Questa eccezione è ammessa soltanto se l’estensione è inevitabile per prevenire un acuto rischio di morte, se l’interruzione dell’intervento provocherebbe nuove pericolose complicanze o se ragionevolmente non ci si può attendere che il paziente sia contrario. In altri casi, il consenso del paziente non può essere semplicemente presunto. 

    Se è incapace di discernimento, il paziente non può dare il consenso a un trattamento medico. In questo caso, al suo posto devono farlo altre persone. Chi siano queste persone è disciplinato nel nuovo diritto di protezione degli adulti. A questo proposito, rimandiamo alle spiegazioni riportate nel capitolo «Mandato precauzionale e direttive del paziente». 

    Vigono disposizioni speciali anche per la delicata decisione in merito alla sterilizzazione di una persona incapace di discernimento. Le condizioni per poter eseguire un simile intervento sono restrittive e disciplinate in una specifica legge (Legge federale sulle sterilizzazioni).

    Diritto di morire

    Il diritto di morire è oggi oggetto di accesi dibattiti. Mentre molte persone sono dell’opinione che il diritto all’autodeterminazione includa anche il diritto di poter decidere il momento del proprio decesso, altre vedono in una liberalizzazione di questo tipo di aiuto problemi di natura etica, perché potrebbe aumentare la pressione sulle persone gravemente malate e con handicap a lasciare questa vita per non essere più di peso alla società.

    Che dicono le leggi in Svizzera? Da noi, l’eutanasia attiva non è permessa, nemmeno in caso di ponderata e insistente richiesta da parte di una persona capace di discernimento. 

    Non è invece punita l’eutanasia passiva, ossia la rinuncia a misure atte a prolungare la vita in caso di malattia gravissima con l’effetto di anticipare il decesso. Il ricorso a tecniche di medicina palliativa per alleviare i dolori è ammesso anche se comporta il rischio di abbreviare la vita. 

    Molte persone compilano moduli in cui dichiarano di voler rinunciare in determinate situazioni a misure che prolunghino la vita (direttive del paziente). Nel quadro del diritto di protezione degli adulti, la forma e gli effetti di queste direttive sono persino state disciplinate per legge (cfr. al proposito le spiegazioni riportate nel capitolo «Mandato precauzionale e direttive del paziente»). 

    Sono sempre più le persone che fanno ricorso all’aiuto al suicidio, offerto ad esempio dall’organizzazione Exit. In Svizzera, un simile aiuto è punibile soltanto se avviene «per motivi egoistici». Non è di conseguenza perseguibile il medico che aiuta una persona capace di discernimento che ne ha fatto esplicita dichiarazione di volontà a procurarsi un farmaco che ne induca la morte.

    Diritto d’accesso alla propria cartella clinica

    La cartella clinica contiene la documentazione del medico sul decorso della malattia e del trattamento, informazioni sull’anamnesi, quanto dichiarato dal paziente in merito ai disturbi, le osservazioni e le conclusioni del medico e le terapie prescritte, tutto in ordine cronologico. Essa include anche la documentazione tecnica (radiografie ecc.), i rapporti inviati ad altri medici, nonché i referti di ospedali e altri medici.

    Tutti i medici e gli ospedali sono obbligati per legge a tenere una simile documentazione, anche per poter rendere conto al paziente del loro operato. Il contenuto della cartella deve essere veritiero, la modifica successiva o l’eliminazione di documenti non sono ovviamente ammesse. 

    I pazienti hanno diritto di accedere alla loro cartella clinica. Questo diritto vale per l’intera cartella, non possono essere esclusi singoli fogli ritenuti «appunti», anche se contengono osservazioni sul paziente. Gli appunti contenenti indicazioni necessarie per il trattamento, e consultati e utilizzati per esempio anche dal personale ausiliario appartengono alla cartella clinica e sottostanno pertanto al diritto d’accesso. Fanno eccezione invece gli appunti personali scritti dal medico a esclusivo uso proprio e non destinati all’effettivo trattamento, per esempio dei promemoria. Il diritto d’accesso si estende anche alle comunicazioni di altri medici che figurano nella cartella, pure se dovessero riportare osservazioni offensive. Questo diritto prevale sulla protezione degli interessi privati dei colleghi del medico. Al proposito, si rimanda alle disposizioni della Legge federale sulla protezione dei dati (cfr. capitolo «Protezione dei dati»), applicabile alle cartelle cliniche.

    La Legge federale sulla protezione dei dati non è invece applicabile agli ospedali pubblici dei Cantoni e dei Comuni. La maggior parte dei Cantoni ha comunque inserito negli atti legislativi cantonali in materia di diritto sanitario o nelle leggi cantonali sulla protezione dei dati disposizioni che garantiscono il diritto di accedere alla propria cartella medica. Simili leggi prevedono deroghe al massimo in riferimento a interessi di terzi particolarmente degni di protezione, che quindi vietano una piena visione dei documenti.

    Esempio

    B. è dell’opinione che il suo medico abbia interpretato in modo errato i sintomi che manifesta da tempo ostacolando così l’avvio tempestivo delle misure terapeutiche adeguate. Sta valutando se non far valere il diritto al risarcimento dei danni, ma prima vuole esaminare la cartella clinica per farsi un’idea più chiara della situazione. Il medico di B. rifiuta di consegnarle la cartella e le propone di consultarla nel suo studio. Questo modo di procedere non è ammesso. O il medico invia alla paziente la cartella o ne realizza una copia, che invierà poi alla paziente.

    Nel caso di persone affette da malattie psichiche, molti medici temono che la consultazione della cartella clinica possa provocare reazioni problematiche, ma questa non è una ragione valida per rifiutare l’accesso ai documenti.

    Il segreto professionale

    I medici sono tenuti al segreto professionale, il quale è volto a garantire il diritto del paziente alla protezione della sua sfera segreta. La violazione del segreto professionale è passibile di pena.

    Il segreto professionale vige per tutti i fatti relativi alla malattia del paziente, alle sue cause e ai trattamenti, quindi a tutto ciò che il medico è venuto a sapere da una persona nel quadro della sua attività professionale. Persino il fatto che una persona sia in cura da un determinato medico rientra nel segreto professionale.

    Il segreto professionale impone a medici, dentisti, farmacisti, persone attive in ambito terapeutico e al loro personale di mantenere il silenzio: senza il consenso del detentore del segreto (ossia del paziente), non possono trasmettere a terzi né oralmente né per iscritto informazioni protette, neppure a membri della famiglia o ad altri medici, a meno che non si tratti di uno specialista coinvolto nel trattamento. Il medico non può chiaramente appellarsi al segreto professionale per nascondere al paziente stesso delle informazioni.

    Il paziente può liberare il medico dal segreto professionale e consentirgli così di comunicare determinate informazioni. Molto spesso questo non avviene in modo completamente volontario, bensì su pressione delle assicurazioni che necessitano di quelle informazioni in vista della stipulazione di una polizza o per l’accertamento delle prestazioni. Se il paziente non dà il suo consenso, l’autorità di vigilanza cantonale può autorizzare il medico a parlare se l’interesse all’informazione prevale su quello al segreto. La Legge sulla circolazione stradale contiene infine una disposizione che autorizza il medico a notificare alle autorità preposte le persone che considera non più idonee alla guida, anche senza il consenso dei diretti interessati.

    Responsabilità civile di medici e ospedali

    I medici e gli ospedali sono tenuti a curare i pazienti con l’oggettivamente dovuta e ragionevolmente esigibile diligenza in base allo stato e alle regole dell’arte medica. Se non lo fanno, sono responsabili per il danno insorto riconducibile alla violazione dell’obbligo di diligenza medica.

    I trattamenti medici comportano sempre determinati rischi, è impossibile garantirne il successo e possono insorgere complicanze. Il medico non può pertanto essere ritenuto responsabile per ogni complicanza. Quest’ultima deve essere legata a un vero e proprio errore. Tra l’errore medico e il danno deve inoltre sussistere un nesso di causalità.

    In caso di controversia, è compito del paziente dimostrare l’errore medico e il nesso causale, un’impresa spesso molto complicata per un profano. Se il medico nega di aver commesso un errore, in genere il paziente è costretto a chiedere una consulenza medica e giuridica. Innanzitutto deve essere consultata la cartella clinica e occorre procurarsi altri documenti importanti. Poi bisogna di norma cercare un perito medico disposto a procedere a una valutazione, nel limite del possibile su incarico di entrambe le parti. Non appena si dispone di una perizia che conferma l’errore medico, in genere le parti giungono a un accordo.

    La responsabilità può tuttavia anche insorgere a seguito della violazione dell’obbligo di informare. Se un medico non informa sui rischi di un intervento, non sussiste il consenso giuridico a procedere. Qualora dall’intervento dovesse insorgere un danno, il medico è responsabile a prescindere dal fatto che abbia fatto un errore. L’onere della prova è qui invertito: il medico deve dimostrare di avere informato correttamente il paziente e che quest’ultimo ha così dato un consenso valido all’intervento. Se non è in grado di addurre tale prova, al medico resta ancora la possibilità di dimostrare che con grande probabilità il paziente, in quanto persona ragionevole, avrebbe acconsentito all’intervento anche disponendo di una corretta informazione.

    Esempio

    R. ha una grave ernia del disco. Il medico le propone di sottoporsi a una laminectomia, ma non le dice che questo intervento comporta il rischio di una paralisi totale di entrambe le gambe. Purtroppo è proprio quello che capita. Il medico ha palesemente violato il suo obbligo di informare. Se R. riesce a dimostrare in modo verosimile che, considerati le modeste probabilità di successo e i notevoli rischi, in caso di informazione corretta avrebbe rinunciato all’intervento, l’assicurazione del medico è chiamata a risarcire il danno.

    Nel quadro delle pretese di responsabilità civile fondate sulla violazione dell’obbligo di diligenza del medico, vanno imperativamente osservati i termini di prescrizione e perenzione.

    • Le pretese contrattuali di responsabilità civile cadono in prescrizione entro dieci anni dall’atto che ha provocato il pregiudizio. Questo termine relativamente lungo è applicato ogni qualvolta nel quadro di un mandato con un medico o un ospedale privato viene commesso un errore medico che ricade sotto la responsabilità civile.
    • Per il risarcimento dei danni fatto valere nei confronti di un ospedale pubblico vigono i termini di perenzione e prescrizione della legislazione cantonale, spesso molto più brevi.

    Basi giuridiche

      • erseguibilità dell’aiuto al suicidio:
        art. 115 CP
      • Diritto d’accesso alla propria cartella medica:
        artt. 25-29 LPD
      • Perseguibilità della violazione del segreto professionale:
        art. 321 CP
      • Responsabilità derivante da un mandato:
        art. 398 CO
      • Prescrizione delle pretese contrattuali di responsabilità civile:
        artt. 127 e 135 CO

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